domenica 27 settembre 2015

Piano sesto - 118

Cari... miei,

torno a farmi sentire per completare il discorso ‘campus’ parlandovi del luogo in cui trascorro la maggior parte della mia giornata, perlomeno la parte della giornata che vivo con gli occhi aperti  o quasi sempre aperti. Trattasi del Dipartimentodi Ingegneria Civile, in DTUese: 118.
L’edificio si trova al limite nord del campus, naturalmente io provengo da sud e quindi, per me, è l’edificio più distante. La cosa positiva, però, è che questa è l’unico lato negativo che sono stato capace di trovare! Se avete letto l’articolo precedente saprete già perfettamente come si presenta il Dipartimento (se non l’avete fatto... cosa ci fate qui?! Si va in ordine!), quello che non sapete sono le mille preziose risorse che si celano al suo interno. Così come si lascia il cuore di marmellata per ultimo quando si mangia una brioche, inizio dalle cose necessarie ma un po’ noiose per poi deliziarvi con le curiosità più succulente.
Il 118 è adibito esclusivamente ad uffici/laboratori per professori, dottorandi e tesisti, non vi si trovano aule per le lezioni come siamo abituati ad avere in Italia. Attraverso un passaggio sotterraneo è possibile raggiungere i laboratori retrostanti per le prove di resistenza sui materiali e le prove di stress, cioè prove che permettono ai dipendenti di scaricare la tensione sbriciolando blocchi di calcestruzzo. Il laboratorio presso cui io e il mio collega attualmente sbattiamo la testa contro la tastiera cercando di capire qualcosa di quello che leggiamo, è situato al terzo piano dell’edificio. L’aula in questione ospita cinque postzioni PC e penso sia una specie di magazzino di stoccaggio di tesisti a cui è stato dato il nome professionale di BIMLab (BIM sta per Building Information Model, semplicisticamente il tema della mia tesi). A pochi passi dal nostro “ufficio” c’è quello del nostro supervisor danese, il che ci permette da una parte di potergli rompere le scatole in qualsiasi momento, dall’altra ci sottopone ad una sorta di sorveglianza. E cosa non secondaria, i bagni. I bagni sono naturalmente ottimi, e rispondendo alla classica domanda dello studente: sì, ci si può fare la cacca!
Ed ora le due chicche che fanno del 118 un edificio interessante agli occhi di tutti:
- Altro-che-macchinette: ad ogni piano, nel numero di due per piano, ci sono delle postazioni bar in cui è possibile concedersi una pausa al sapore di caffè (caffè all’americana, non pensiate all’espresso con la schiumetta del vostro bar di fiducia), thè (dai gusti classici a quelli più ricercati) ed eccezionalmente, perchè non l’ho vista in altre postazioni del Dipartimento, cioccolata (bustine solubili scadute, ma di qualche cosa bisogna morire, no?). Mi sembra quasi scontato specificarlo, ma tutto questo è aggratis!
- Kokken: all’interno del 118 è presente una vera e propria cucina a disposizione dei dipendenti armata di microonde, piastre riscaldanti, freezer e frigoriferi. Questo ci permette di pranzare tutti i giorni in completa tranquillità (a suon di toast, nel mio caso), risparmiando qualcosa e approfittando ulteriormente della gentilezza alimentare danese. Mi spiego meglio: nella sala da pranzo sono quotidianamente presenti delle ceste di frutta a cui è possibile attingere “liberamente”. Metto l’avverbio tra virgolette perchè si può attingere sì, ma nei primi giorni era presente un cartello che specificava come a ciascuno spettassero solo tre frutti alla settimana o qualcosa del genere. Che dire, ora quel cartello non c’è più...
E poi ogni tanto c’è qualche bella sorpresa. Ad esempio i rimasugli del buffet di un meeting organizzato dal Dipartimento, che ci spettano di diritto, o delle fette di torta per festeggiare il weekend in arrivo, cose di questo genere. Inoltre, secondo me, siamo stati presi in simpatia da un inserviente, tale Claudio (non fatevi ingannare dal nome, non è italiano e nemmeno danese), che ha evidentemente capito che mangiare non ci dispiace e allora quando può ci passa qualche dolcetto.
Nonostante questo post possa tradire il contrario, in realtà vi assicuro che sto cercando di fare il possibile per non dare materiale ai classici luoghi comuni sugli italiani che si scagliano sulla gratuità come uccelli rapaci. Per inciso penso che, mai come in questo caso, luogo comune sia tanto comune: mi è già capitato di vedere autoctoni imbracciare importanti quantitativi di frutta. Ancora una volta, tutto il mondo è paese.

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