venerdì 23 ottobre 2015

Piano settimo - Burocrazia

Cari che mi avete aspettato,

...sono entrato nel vortice! Neanche il tempo di rendermene conto ed é passato un mese dall'ultimo post. Vi assicuro che non é pigrizia, abbiamo cominciato a lavorare alacremente a questo pacco di fogli (pacco di file, per il momento) chiamato tesi e il tempo per il diletto si sta riducendo progressivamente. Tuttavia, nonostante gli impegni pressanti in ufficio - sí, sono stato preso anch'io da quella febbre che porta i tesisti a dire "vado in ufficio" non appena ne hanno occasione - si trova comunque modo di concedersi un caffé con gli amici, una birretta in compagnia o... UNA-CROCIERA-AD-OSLO!
Ma non é di questo che vi parlo oggi. Nossignori, oggi non vi parlo di gaudio, vi parlo di pena, di dolore, di pianto e stridore di denti... di burocrazia! Ve ne voglio parlare perché é utile, ma siccome per me questa vicenda é stata un parto, cerco di andare subito alla cronaca e di rendervi la questione piú leggera.
Un giorno arrivate in Danimarca e, se ci volete stare, dovete fare due cose: Residence Permit e CPR number. Ottimo. Nell'Introduction Week (la settimana di accoglienza organizzata dalla DTU per i nuovi iscritti, stranieri e non), siccome lo sanno quanto puó essere tricky la questione se affrontata da soli, fanno arrivare gli impiegati dei vari uffici di competenza per sfornare documenti come se piovesse. Naturalmente, se vuoi usufruirne, devi aver portato con te tutto il necessario: fotocopie della Carta d'Identitá, fototessere, fotocopia della tessera sanitaria, attestato di accettazione firmato DTU, selfie col medico che ti sta facendo tutte le vaccinazioni del caso e forse qualcos'altro.
Io arrivo in orario e con tutta la documentazione pronta all'appuntamento fissato nel programma dell'Introduction Week. Mi faccio la mia bella coda (no, non mi sono giá cresciuti cosí tanto i capelli) e arrivo dall'impiegata, che ancora credevo fosse umana. Questa mi dice che la mia lettera d'accettazione é troppo vecchia e devo andare a farmela convalidare all'ufficio Relazioni Internazionali. Eh, va beh, capita. Parto e vado verso l'ufficio, qualche minuto a piedi e ci sono. Mi faccio fare questo timbro e torno.
Mi rimetto in coda e torno a fronteggiare l'impiegata, che mi guarda con una faccia che sembra dire: "Ah, ancora sorridi? Ora ci penso io a farti incazzare...". Naturalmente anche stavolta non va bene, sul timbro non c'é la data. Cerco di farla ragionare, che sí, é vero, non c'é la data, ma la macchina del tempo ancora la devono inventare e se un quarto d'ora fa il timbro non c'era, vuol dire che me lo hanno fatto adesso, scrivi 'sta data e chiudiamola qui. Niente... si torna all'ufficio.
Sicuro di me stesso ri-ri-torno dall'impiegata, speranzoso che, forse stanca di vedermi, almeno mi conceda di non farmi rifare la coda per la terza volta. "Ah-ah-ah, certo, come no...", la sento pensare mentre le chiedo di farmela saltare con uno sguardo che é un misto di implorazione e di voglia di ribaltargli addosso il tavolo dell'IKEA su cui si sta occupando di pinzare fogli. Decido che non le daró la soddisfazione di rimettermi in fila per poi farmi rimbalzare di nuovo; vince lei comunque, ma aveva il coltello dalla parte del manico.
Riprovo nei gironi seguenti andando in un ufficio di Lyngby dove mi é stato detto che é possibile fare il CPR number, tanto é di strada, non mi costa nulla. Un inserviente mi risparmia (credevo) un po' di tempo, dicendomi che lí sí, posso fare il CPR number, ma devo prima avere il Residence Permit, per il quale é necessario recarsi nella vicina Copenhagen. Non resta altro da fare che prendersi una mattinata ed andare in questo ennesimo ufficio a CPH. E qui, succede l'incredibile: arrivo, dó le carte, aspetto dieci minuti ed ho finito. Liscio come l'olio.
Convinto di aver imboccato la strada giusta, pochi giorni dopo mi reco in quello stesso ufficio del mio paese dove avrei dovuto poter fare il CPR number (avete giá capito come va a finire...). Parlo con una nuova impiegata, gentilissima per caritá, ma che da qui in poi verrá chiamata Incompetenza (da non confondersi con la famosa Incontinentia: https://www.youtube.com/watch?v=hiPNnJP2byY). Mi dice che sono nell'ufficio sbagliato, perché quello é l'ufficio per quelli che abitano a Lyngby e per quanto sull'indirizzo del mio collegio ci sia scritto Lyngby, io non abito a Lyngby, ma a Gladsaxe, il comune vicino. Ho avuto qualche giorno per ricaricare il mio Pazienzometro, per cui, gentilmente, anche perché non era (ancora) colpa sua, mi faccio dare l'indirizzo del Municipio di Gladsaxe e chiedo se é ancora aperto, per sapere se ci posso andare subito. Incompetenza controlla su Internet e risponde affermativamente, senza vacillare. Allora inforco la mia bicicletta e mi sparo questi 4 km. Arrivato non mi resta altro che confermare l'epiteto della suddetta, constatando la chiusura dell'ufficio avvenuta tipo tre ore prima, e tornarmene a casa con le pive nel sacco.
Ritento l'impresa la stessa settimana, consultando da me gli orari. Arrivato ad un primo gate in cui chiedo informazioni mi dicono subito che sono nel posto sbagliato. "Eh no" - dico io - "Mi hanno mandato qui da Lyngby dicendo che lo devo fare qua!" e dentro di me speravo che Incompetenza, avendo giá fatto un errore, non ne poteva fare due! E invece... E invece mi impunto e vado a parlare con chi di dovere a Gladsaxe, il quale mi dice che i CPR li fanno solo a Copenhagen! A Lyngby li fanno perché sono speciali si vede, o perlomeno sono speciali quelli che abitano a Lyngby e il cui indirizzo non é un'opinione. Ah, ed ironia della sorte, in che ufficio mi mandano a CPH? Allo stesso in cui ero giá andato qualche tempo prima per il residence Permit! "Beh, almeno faró in fretta", penso.
Carico a pallettoni, qualche giorno dopo mi dirigo verso quella che esigo sia l'ultima meta della mia Odissea, ma mi sbaglio. Prendo il palo, ma sbaglio. Qui infatti mi dicono che l'ufficio in cui devo andare é da un'altra parte, fortunatamente é in Danimarca, ancor piú fortunatamente non é molto distante da lí.
International House é l'ultima tappa del mio cammino per farmi accettare in Danimarca. Mentre compilo i moduli che mi consegnano cerco di assaporare ogni singolo istante, ogni singolo lettera che disegno sopra le righine puntinate, ripensando a tutti i sacrifici che mi hanno portato a questo traguardo... e gli fotto pure il té che c'é nella sala d'attesa! Dopo tutto questo, mi pare il minimo.

La parola del giorno: medarbejder = impiegato.


domenica 27 settembre 2015

Piano sesto - 118

Cari... miei,

torno a farmi sentire per completare il discorso ‘campus’ parlandovi del luogo in cui trascorro la maggior parte della mia giornata, perlomeno la parte della giornata che vivo con gli occhi aperti  o quasi sempre aperti. Trattasi del Dipartimentodi Ingegneria Civile, in DTUese: 118.
L’edificio si trova al limite nord del campus, naturalmente io provengo da sud e quindi, per me, è l’edificio più distante. La cosa positiva, però, è che questa è l’unico lato negativo che sono stato capace di trovare! Se avete letto l’articolo precedente saprete già perfettamente come si presenta il Dipartimento (se non l’avete fatto... cosa ci fate qui?! Si va in ordine!), quello che non sapete sono le mille preziose risorse che si celano al suo interno. Così come si lascia il cuore di marmellata per ultimo quando si mangia una brioche, inizio dalle cose necessarie ma un po’ noiose per poi deliziarvi con le curiosità più succulente.
Il 118 è adibito esclusivamente ad uffici/laboratori per professori, dottorandi e tesisti, non vi si trovano aule per le lezioni come siamo abituati ad avere in Italia. Attraverso un passaggio sotterraneo è possibile raggiungere i laboratori retrostanti per le prove di resistenza sui materiali e le prove di stress, cioè prove che permettono ai dipendenti di scaricare la tensione sbriciolando blocchi di calcestruzzo. Il laboratorio presso cui io e il mio collega attualmente sbattiamo la testa contro la tastiera cercando di capire qualcosa di quello che leggiamo, è situato al terzo piano dell’edificio. L’aula in questione ospita cinque postzioni PC e penso sia una specie di magazzino di stoccaggio di tesisti a cui è stato dato il nome professionale di BIMLab (BIM sta per Building Information Model, semplicisticamente il tema della mia tesi). A pochi passi dal nostro “ufficio” c’è quello del nostro supervisor danese, il che ci permette da una parte di potergli rompere le scatole in qualsiasi momento, dall’altra ci sottopone ad una sorta di sorveglianza. E cosa non secondaria, i bagni. I bagni sono naturalmente ottimi, e rispondendo alla classica domanda dello studente: sì, ci si può fare la cacca!
Ed ora le due chicche che fanno del 118 un edificio interessante agli occhi di tutti:
- Altro-che-macchinette: ad ogni piano, nel numero di due per piano, ci sono delle postazioni bar in cui è possibile concedersi una pausa al sapore di caffè (caffè all’americana, non pensiate all’espresso con la schiumetta del vostro bar di fiducia), thè (dai gusti classici a quelli più ricercati) ed eccezionalmente, perchè non l’ho vista in altre postazioni del Dipartimento, cioccolata (bustine solubili scadute, ma di qualche cosa bisogna morire, no?). Mi sembra quasi scontato specificarlo, ma tutto questo è aggratis!
- Kokken: all’interno del 118 è presente una vera e propria cucina a disposizione dei dipendenti armata di microonde, piastre riscaldanti, freezer e frigoriferi. Questo ci permette di pranzare tutti i giorni in completa tranquillità (a suon di toast, nel mio caso), risparmiando qualcosa e approfittando ulteriormente della gentilezza alimentare danese. Mi spiego meglio: nella sala da pranzo sono quotidianamente presenti delle ceste di frutta a cui è possibile attingere “liberamente”. Metto l’avverbio tra virgolette perchè si può attingere sì, ma nei primi giorni era presente un cartello che specificava come a ciascuno spettassero solo tre frutti alla settimana o qualcosa del genere. Che dire, ora quel cartello non c’è più...
E poi ogni tanto c’è qualche bella sorpresa. Ad esempio i rimasugli del buffet di un meeting organizzato dal Dipartimento, che ci spettano di diritto, o delle fette di torta per festeggiare il weekend in arrivo, cose di questo genere. Inoltre, secondo me, siamo stati presi in simpatia da un inserviente, tale Claudio (non fatevi ingannare dal nome, non è italiano e nemmeno danese), che ha evidentemente capito che mangiare non ci dispiace e allora quando può ci passa qualche dolcetto.
Nonostante questo post possa tradire il contrario, in realtà vi assicuro che sto cercando di fare il possibile per non dare materiale ai classici luoghi comuni sugli italiani che si scagliano sulla gratuità come uccelli rapaci. Per inciso penso che, mai come in questo caso, luogo comune sia tanto comune: mi è già capitato di vedere autoctoni imbracciare importanti quantitativi di frutta. Ancora una volta, tutto il mondo è paese.

giovedì 17 settembre 2015

Piano quinto - DTUcampus

Cari ‘voi-che-ancora-non-vi-siete-stancati-di-leggermi’,

oggi vi parlo dell’Università, o meglio, dell’Università che frequento, dell’Università che frequento qui, in Danimarca. Come ho già avuto modo di dirvi si tratta della DTU (Danmarks Tekniske Universitet - http://www.dtu.dk/), una sorta di politecnico, per dirla all’italiana.
Prima di tutto, dove si trova? Spesso sono il primo a dire: “sono a fare la tesi a Copenhagen!”, ma in realtà la sede dell’Università è a Lyngby, una cittadina di 11500 abitanti ad una decina di km a nord della capitale - peraltro il campus dell’Università non si trova nemmeno nel centro di Lyngby, ma un pochino più a nord.
Nel parlare vi ho già dato un’informazione in più: il campus. Infatti, a differenza di come siamo abituati in Italia (salvo rare eccezioni, secondo le scarne fonti che il mio cervello mi procura), qui l’Università è interamente concentrata in unica zona, a creare una sorta di cittadella popolata da aspiranti ingegneri di tutte le specie. Sì, esatto, probabilmente non ci organizzeranno mai una Settimana della Moda, ma vi assicuro che l’ambiente che si respira ti fa veramente pensare che qui si possa studiare con gusto. Non prendetemi per pazzo... se vi dicessi che in biblioteca si può giocare alla playstation? (‘azz, mi son giocato subito il jolly!)
Il campus è strutturato in quattro quadranti che si articolano lungo un viale centrale nord-sud. I quattro quadranti ospitano le sedi dei vari dipartimenti raggruppati per ambito, gli edifici che ospitano le aule, mense e alcuni dormitori (i dormitori dei fortunelli che possono andare a lezione a piedi). Dal punto di vista architettonico, credo che ai danesi credo piaccia parecchio standardizzare, dal momento che praticamente tutti gli edifici del campus sono formalmente uguali: mattoni gialli a vista e finestre con telai in legno verniciati di nero ed il gioco è fatto! Diciamo quindi che se non sei un frequentatore abituale fatichi a trovare dei grandi riferimenti nelle viuzze che si snodano nel campus, devi necessariamente fare riferimento ai numeri 1**, 2**, 3**, 4** (il primo numero identifica il quadrante) appiccicati come numeri civici ad ogni edificio.
L’anima del campus è l’edificio 101, una sorta di quartier generale in cui potete trovare più o meno tutto quello di cui potreste avere bisogno. Se avete bisogno del numero di Miss Danimarca probabilmente vi deluderanno, ma per quanto riguarda le necessità universitarie - Miss Danimarca difficilmente sarà la professoressa che tiene il vostro corso di Cemento Armato a cui dovete assolutamente scrivere per questioni burocratiche legate al vostro Erasmus – è molto probabile che troverete soddisfazione. Biblioteca (con possibilità di stampare gratis in b/n + zona relax con divani e cuscini giganti + televisori con presa HDMI per attaccare PC, ecc. + la già citata playstation (e xbox) + altri bei servizi), mensa, DTUshop, palestra, segreteria, bar degli studenti, meeting center sono più o meno tutte le cose che ci potete trovare. Nei giorni di festa, e non intendo Natale, Pasqua e così via, ma i giorni in cui si fa festa, potete anche trovare studenti danesi che mangiano e bevono birra, e bevono birra... e bevono birra, seduti sul pavimento. Sì perchè qui mica l’Università chiude ad una certa ora, se hai la tessera, o il badge se vogliamo essere moderni, puoi entrare negli edifici anche di notte. Ipoteticamente io e il mio collega potremmo trascorrere la notte a lavorare (o anche no) nel nostro ufficio senza nessun problema. Stupido io che mi sono  cercato un alloggio!
Ma uno dei servizi più fighi che secondo me offre l’Università è il DTU Skylab (http://www.skylab.dtu.dk/), un edificio-laboratorio in cui ogni studente può cercare di dar vita alla sua idea che cambierà il mondo! Chi vuole volare basso può semplicemente sfruttare l’occasione per fare una stampa 3D di qualsiasi cosa voglia. Sappiate però che l’ambiente mi sembra abbastanza frequentato e quindi quello che stampate verrà sicuramente visto da altri, per cui abbandonate i pensieri maliziosi che avete sicuramente fatto. Altra figata dello Skylab (scusate l’abuso di un termine un po’ adolescenziale, ma mai come in questo caso è appropriato) è che gli uffici in cui ci si può rinchiudere a spremere le meningi hanno pareti-lavagna, muri su cui è possibile appuntare tutti ciò che vi passa per la mente per poi eventualmente cancellarlo con un colpo d spugna.
Avrete capito che l’impressione che ho avuto della DTU è più che positiva, diciamo pure un altro mondo rispetto a quanto siamo abituati. Lo studente può riempire la propria vita di DTU studiando, lavorando, giocando, cantando, ballando, mangiando e bevendo in maniera, secondo me, molto più efficace di quello che io ho sperimentato in Italia. Anche se credo non mi abituerò mai a vedere studenti che giocano a svuotare bottiglie di birra fra l’ufficiorelazioni internazionali e  la sala conferenze, e forse è un bene.

La parola del giorno: Navn = nome - un giorno magari vi parlerò della burocrazia che mi ha
fatto imparare alcune “parole da form”, vi anticipo solo che tutto il mondo è paese.

venerdì 11 settembre 2015

Curiosità - 3


Dopo avervi parlato diffusamente del collegio in cui vivo, mi pare doveroso mostrarvene una parte.

[quello a sinistra è il corridoio del Pedersen, piano primo,
quello a destra uno ben più famoso - http://www.mymovies.it/film/1980/shining/]

Con questo, non voglio assolutamente dire che il POP mi incute la stessa angoscia del film. Ma una sera, finito di cenare, tardi, esco dalla cucina, e ho questo flash...
Beh, ho aperto e chiuso la porta della mia stanza in 0,2'' e buonanotte, ci si vede domani!

lunedì 7 settembre 2015

Piano quarto - POPbis

Buonasera seguaci,
con questo post voglio chiudere il cerchio sulla questione ‘casa’, perchè ho peccato in omissioni e, in virtù di alcuni accadimenti, devo farvi necessariamente farvi fare l’aggiornamento a Pedersen2.0.
Prima cosa: come arrivare al P.O. Pedersen? Non intendo fornirvi le indicazioni stradali per venire dall’Italia a qui, ma voglio spiegarvi come è possibile riuscire a trovare un posto in un collegio come questi.

Non so quale sia il panorama generale in Danimarca, ma qui a Lyngby ci sono diversi collegi simili al mio e credo che una camera in un dormitorio sia una delle sistemazioni più ambite dagli studenti danesi. Quando io e il mio collega infatti ci siamo affacciati al mercato immobiliare danese, abbiamo ben presto capito che trovare un posto in un collegio sarebbe stata la soluzione più pratica e anche la più economica per noi (per darvi un ordine di grandezza direi che qui l’affitto di una stanza in un appartamento costa dalle due, alle tre volte in più rispetto a quanto si spende a Padova, ad esempio).
Appurato questo, abbiamo aggiunto un gettone al nostro bagaglio di certezze... trovare posto in collegio è estremamente di difficile. O, per meglio dire, trovare posto in un collegio ti costringe a prenderti tremendamente per tempo. In Danimarca le residenze per gli studenti funzionano un po’ come da noi gli ambulatori del medico di base: entri, chiedi chi è l’ultimo, ti siedi e aspetti (a volte anche ore) che arrivi il tuo turno. Le uniche differenze consistono nel fatto che per entrare devi accedere al sito dell’associazione preposta (o del collegio stesso), per chiedere chi è l’ultimo devi compilare un form e invece che aspettare ore devi aspettare mesi! Ah, sedersi ci si siede uguale.
Naturalmente prima fai la richiesta, più probabilità hai di vincere. Mi è giunta voce (fonte da verificare), che i ragazzi danesi compilino il modulo per un posto in collegio anche un paio d’anni prima di finire le scuole superiori e qualora arrivasse il loro turno, male che vada fanno passare avanti chi li segue in graduatoria. Nel nostro caso, a dire il vero, ci siamo presi per tempo, non tremendamente, ma discretamente. A dicembre abbiamo compilato il già citato modulo, nella speranza di ottenere una stanza ad agosto. Purtroppo però, ad ogni richiesta di aggiornamento ci sentivamo rispondere che le liste d’attesa erano lunghe e che non potevano assicurarci nulla; insomma, faje pena non funzionava.
Tuttavia. Tuttavia esiste la possibilità di accaparrarsi una camera in un dormitorio evitando di dover passare per queste graduatorie. Nessun metodo all’italiana, parlo di subaffitto. Sì, perchè qui in Danimarca una volta che uno studente ottiene un posto in collegio è un po’ come se ne diventasse proprietario e, qualora avesse la necessità di lasciarlo per un breve periodo, può subaffittare la camera ad un altro studente. Questa cosa ci ha salvato. Infatti, attraverso i vari gruppi facebook, il mio compare un bel giorno è entrato in contatto con Phister (ve lo ricordate?), il quale lavora per un’agenzia internazionale che si occupa di studenti in tirocinio all’estero. Ed è stato proprio grazie a Phister che, un giorno ancora più bello, abbiamo ricevuto una mail nella quale ci venivano proposte le due soluzioni che non abbiamo esitato ad accogliere e che oggi ci teniamo stretti. Nel mio specifico caso sono venuto ad occupare la stanza di Morten (nonostante il nome in Italia potrebbe tradire una certa lugubrità, dev’essere un ragazzo estremamente solare, ve lo assicuro...) il quale, da quanto ho capito, si è trasferito in Corea del Sud!
(Peraltro un paio di settimane dopo il nostro arrivo abbiamo ricevuto una nuova proposta dall’associazione che gestisce i collegi, evidentemente era arrivato il nostro turno.)
Per quanto riguarda gli appartamenti, per ovvi motivi non ne sono molto esperto, ma sentendo alcune persone pare che spesso ci si debba accontentare di una soluzione non proprio idilliaca o si debba sborsare fior fior di quattrini, in taluni casi magari entrambe le cose. Per cui il mio consiglio è: volete venire in Danimarca a studiare? Bene, filate a fare richiesta per un collegio, poi deciderete.

Piccolo paragrafetto sulla cucina, perchè bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. La cucina si è ormai riempita di studenti e le cose sono migliorate. Abbiamo avuto una riunione in cui abbiamo avuto modo di conoscerci meglio e organizzare qualche evento sociale. Ho svolto il mio primo turno di pulizie e i ragazzi si sono complimentati con me: hanno capito che ci tengo, obiettivo centrato. And the last, but not least... cakes! Sono già quattro le torte che mi sono visto sfornare davanti agli occhi e soprattutto al palato, per cui silenzio e avanti così!

Parola del giorno: Tak = Grazie - indispensabile se si vuole essere una persona educata in Danimarca.

sabato 29 agosto 2015

Piano terzo - POP

In questo articolo non vi parlerò di musica, nè di POP-Corn, tantomeno di POP-Pe. Scriverò invece di ciò che chiamerò 'Casa' fino alla fine di Gennaio. L'acronimo riportato nel titolo di questo post sta infatti per Peder Oluf Pedersen (https://en.wikipedia.org/wiki/Peder_Oluf_Pedersen), che altri non è se non l'ingenere danese a cui è stato intitolato il collegio in cui vivo.
Il P.O. Pedersen Kollegiet (http://www.pop.k-net.dk/) si trova a Lyngby, in via Haraldslundvej, n. 38, (anche se forse ce l'avete più presente per il suo ingresso pedonale, situato in Bagsvaerdvej, vero?) a circa 5 km dal campus DTU, ma a soli 2 km di distanza dalla stazione di Lyngby. Tradotto nella mia lingua significa che per andare in bicicletta fino alla stazione si suda sì, ma mantenendo una certa dignità, mentre se si deve andare in dipartimento meglio dotarsi di una maglietta di ricambio.
Il primo incontro con la mia nuova casa è stato contraddistinto da uno Space Vertigo di sensazioni.
Ci arrivo, come vi dicevo con uno dei primi post, scortato dal buon Phister ed inizialmente è amore: un edificio abbastanza moderno, ma soprattutto un prato inglese di dimensioni imponenti con tanto di porte da calcio... "oh là, adesso cominciamo a ragionare!". Mettiamoci pure che so del campo da calcetto all'altro ingresso del collegio e per me ha già tutte le carte in regola per farmi suo al primo appuntamento!
Tuttavia, entrando, la vista del corridoio in stile sottomarino su cui si affacciano le stanze mi desta bruscamente. Capisco i vantaggi in termini di risparmi sul riscaldamento, ma per noi abituati ai nostri bei 2.70 m una cosa del genere sa più di condotto d'aerazione che spazio di disimpegno.
La stanza però si presenta bene: spaziosa, luminosa, armadi e armadietti in quantità tale da farci navigare dentro la quarantina di kg di roba che mi ero portato appresso e... immagini dei "Little Pony" alle pareti (O.o). Ci pensa il bagno a riportarmi sulla Terra:
"Manca il piatto doccia... farò uno stagno ogni volta!", penso.
"Però è tutto tuo! E puoi far tutto a porta aperta!", mi rispondo.
E' la volta della cucina e qui la prima impressione è univocamente negativa. In via Crimea non si può dire che fossimo maniaci della pulizia, lo ammetto, ma qui è peggio. I cestini scoppiano di rifiuti e soprattutto c'è un odore penetrante che non si riesce a ricondurre a qualcosa di definito, non si sa se perchè scaturisca da un mix di fattori diversi o se perchè ti entri nel cervello e te lo impalli istantaneamente. Per qualche giorno, per questo motivo, mi rattristavo all'idea di dovermi andare a far da mangiare, che è tutto dire!
Fortunatamente con il passare dei giorni la situazione è migliorata. L'odore si sente molto meno (non credo sia diminuito, più probabile che mi ci sia abituato) e, come avevo argutamente sospettato, buttando la spazzatura e pulendo di tanto in tanto si possono ottenere buoni risultati. La cucina si condivide con una decina di ragazze e di ragazzi, danesi e non. Ognuno ha un ripiano in frigorifero, ed uno in freezer, la possibilità di prendersi tutta la birra che vuole a sole 3 DKK a bottiglia (meno di 0,50 cent), oltre alla possibilità di mettersi a guardare la TV o giocare con la Wii o la Playstation. C'è il microonde, la lavastoviglie, il tostapane, c'è tutto! Tutto, però, da rivalutare una volta che saremo a regime, cioè quando tutti i ragazzi che attualmente sono in vacanza torneranno a popolare il collegio. Temo ci ritroveremo a giocare ad una sorta di Twister versione Kitchen senza rendercene conto.
Una curiosità: a guardia della zona relax della cucina c'è un grande orso bianco reso goliardicamente superdotato attraverso un giocattolo per adulti e appeso dal collo attraverso un complesso sistema di carrucole (forse fu così punito per le sue doti da qualche invidioso). Vi posterei una foto, ma questo blog è per tutta la famiglia. 
Ad onor di completezza nel collegio trovano spazio anche un bar, una zona lavanderia e una zona di riparazione bici, territori per quanto mi riguarda ancora inesplorati.
In conclusione, per me è sì! Anche perchè, una volta sdraiato sul letto di camera mia, non penso di aver mai impiegato più di cinque minuti a prendere sonno. Test, questo, che mi accingo a ripetere fra 3, 2, 1...

Parola del giorno: kokken = cucina - la mia è la kokken T.

Curiosità - 2

Breve intervento solo per "rispondere" allo zio Mauro, che su Facebook proponeva una sua personale, e più che mai giustificata, versione riguardo al titolo di questo blog (= In principio era... Elkjær). Beh, Elkjær ahimè non fa parte dei miei ricordi diretti, ma volevo mostrarti qual è il portachiavi che ho deciso di portare con me in questi sei mesi:


[A onor di cronaca devo però riportare un dato di notevole importanza statistico-calcistica. Ieri sera ho conosciuto un ragazzo spagnolo; mi chiede da dove vengo, gli rispondo "Verona!" e lui: "Ah, Verona, ChievoVerona!". E' rimasto stupito quando gli ho spiegato che abbiamo anche un'altra squadra in serie A... O.o]

domenica 23 agosto 2015

Piano secondo - Compagno di viaggio

Vi avevo promesso che ve ne avrei parlato ed eccomi dunque qui a presentarvi il mio compagno di viaggio, dove la parola compagno va assolutamente letta secondo la sua accezione politica (sono sicuro che non si offenderà, ma se volesse lamentarsi ci sono i commenti in fondo al post... che in caso verranno messi a tacere). Si chiama Michele, come me, ma d'ora in poi sarà denominato 'Skot' per evitare che pensiate che soffra di Zlatanite e che parli di me in terza persona.
Il fatto che ci chiamiamo nello stesso modo ci ha causato e ci causa tuttora qualche imbarazzo (come se non bastasse, in Danimarca il nostro nome è automaticamente percepito come nome femminile). Presentarsi a professori, professionisti di vario genere, ma anche coetanei, così, accoppiati, con lo stesso nome, ci fa sembrare effettivamente una sorta di "Kris&Kris" in salsa italiana (come ci ha definito il nostro relatore); anche se, dovendo scegliere, io preferisco di gran lunga l'epiteto M&M's.
Nomignoli a parte, devo riconoscergli una cosa: se scrivo questo blog è originariamente merito suo, è stato lui infatti, in massima parte, ad avviare i primi contatti con la DTU e a far sì che questa esperienza potesse prendere vita.
Dopo questa piccola parentesi sentimentale che, siatene certi, gli piacerà (anche se dovrei attaccarci il link di una canzone per colpire nel segno), ci tengo a fare una precisazione importante: nonostante ci vedrete spesso in qualche fotografia che ci ritrae insieme, qui all'interno del blog, su Facebook, su Twitter, su Instagram, su Netlog, su Messenger, su Badoo, su L'Altro Giornale o sull'Eco di Lyngby, non siamo quel genere di coppia. Non che ci sia nulla di male eh, ma siccome esistono foto su Facebook che potrebbero tradire orientamenti diversi da quelli reali - come dice il saggio: So' ragazzi! - mi sembra giusto smentire pubblicamente alcuni insinuatori. Da parte mia naturalmente...
Peraltro non viviamo nemmeno nello stesso collegio: io sto al P.O. Pedersen (http://www.pop.k-net.dk/), mentre Skot sta al Nybrogaard (https://nybro.dk/for-beboere/nyheder/). I due collegi sono piuttosto vicini l'uno all'altro, per cui oltre a vivere insieme praticamente tutto il giorno, sia esso di studio che di svago, non ci facciamo mancare nemmeno la trasferta in bici in stile cronosquadra.
Non mi dilungo troppo nel descrivervelo perchè, come si dice nei salotti di Parigi, non vorrei famme troppo li cazzi sua, ma vi posto una foto che ci ritrae alla partenza dall'aeroporto di Venezia. Fotografia di: Unafotografad'eccellenza - così vuol essere chiamata.



Parola del giorno: Skinke = prosciutto - parola con cui si familiarizza con le prime spese e che dedico a mia sorella.

sabato 22 agosto 2015

Curiosità - 1

Mi pare che in questo caso i danesi abbiano un po' scopiazzato! O, per dirlo come si direbbe nei corsi di progettazione architettonica, preso un riferimento. Ad onor di cronaca ci troviamo, nella foto a destra, nei pressi della biblioteca reale di CPH (di seguito il link per chi volesse darci un'occhiata: http://www.kb.dk/da/index.html), mentre la foto a sinistra riguarda Villa Malaparte a Capri.

domenica 16 agosto 2015

Piano primo - Sì, viaggiare...

Kære læsere,

eccoci alla seconda puntata del nostro cyber-appuntamento fra Italia (o dovunque voi siate, dal momento che ho notato una visualizzazione del blog addirittura dagli USA) e Danimarca... perchè sì, il 13 agosto sono arrivato nella terra dei biscotti al burro! Sono passati quattro giorni e sostanzialmente non mi sono fermato un attimo fino ad oggi, ecco perchè torno a smantellare il povero Laursen solo ora. Parlo al singolare, ma in realtà non ci siamo fermati fino ad oggi, perchè mio compagno (senza alcuna accezione politica, s’intenda) in questa avventura, sarà il fido Skot, di cui avrò sicuramente modo di parlarvi prossimamente.
Dovendo scegliere di cosa parlarvi fra le numerose cose successe che già hanno cercato, a volte riuscendoci, di mettermi in difficoltà (“Barcollo, ma non Mollo”, direbbe in questo caso il saggio Malesani) ho scelto di procedere cronologicamente: il viaggio! Padova,Venezia, Copenaghen, Lyngby gli step di una tappa di più di 1000 km in prevalenza pianeggianti, che mi hanno portato sino a qui.
Si parte con una tassista d’eccezione, che alla guida di una Ford (perdonami, non mi ricordo se eri Fiesta o EriKa) mi scorta di primissimo mattino all’aeroporto di Venezia. Da qui, volo diretto in direzione Copenaghen: largo anticipo alla partenza, imbarco del bagaglio da stiva, nessun problema del tipo “Airport Security”, l’aereo decolla (sì lo so che è de fero, non siate pignoli), l’aereo atterra e siamo a CPH lisci come l’olio. [Piccolo inciso: la compagnia aerea era la Norwegian e non ci hanno praticamente controllato nè il peso, nè le dimensioni di entrambi i bagagli. Ecco perchè mi sento di consigliarvi, qualora vi capitasse di volare con loro, di imbottire le valigie come fa vostra nonna con voi quando la andate a trovare!]
Arrivati all’aeroporto di destinazione ecco che bisogna necessariamente tornare a riallacciare i rapporti con quel parente lontano a cui non sapevate cosa dire da ragazzi quando vi ci trovavate di fronte alle feste di compleanno, e che ora, a distanza di anni, vi si para davanti con la sicurezza di chi sa di essere qualcosa di inevitabile: l’inglese. E così per ogni domanda che dovete fare cercate di fare mente locale e di prepararvi una bella frasetta con tutte le parole al posto giusto, per poi piombare nel panico più nero non appena vi rivolgono una risposta. Non so voi, ma a me, che pure proprio asino non ero, è questo quello che capita; per cui, consiglio: portatevi uno che sa l’inglese meglio di voi! J
Acquistato dunque il biglietto metro+treno con destinazione Lyngby Station (questo è stato il primo ostacolo dopo aver avuto prova che i nostri bagagli non erano stati per errore spediti in Danimarca sì, ma in Groenlandia), ho potuto testare l’efficienza della tanto celebrata Scandinavia in termini di trasporti. Mezzi puliti, puntuali, anche se l’assenza del pilota sulla metro mi fa pensare che si sia dato troppo peso alla regola “non parlare al conducente”. Una cosa curiosa per quando si dice che gli italiani sono caciaroni, ecc.
Ieri io e Skot siamo sulla metro e ci sediamo, accorgendocene poco dopo, nel “vagone del silenzio” (che comunque viaggia a tutte le ore, non dalle 14 alle 16 come si potrebbe pensare). Facciamo due chiacchere ad un volume di voce irrisorio, ve lo garantisco, quando ad un certo punto un sessantenne blatera qualcosa in danese; vedendo i nostri visi interrogativi ci rimprovera in inglese dicendo che: “Diamine! Questo è il vagone del silenzio!”. Mi sarei aspettato che avrebbe poi zittito la voce automatica che annucia le stazioni, ma chissà, magari era il pronipote di Kierkegaard e abbiamo interrotto il suo nobile pensiero.
Arrivati alla stazione di Lyngby, veniamo accolti da Phister, un vulcanico ragazzotto sulla sessantina che dobbiamo ringraziare per averci procurato un tetto. Phister merita un capitolo a parte, ve ne parlerò, promesso! Ci fa fare i biglietti del bus e ci traina in volata fino alle nostre rispettive residenze (e poi all’Università), chiudendo la tappa senza clamorose cadute di gruppo.
Informazione di servizio: Phister per viaggiare in Danimarca usa una carta chiamata Rejsekort, particolarmente conveniente se non si usano i mezzi pubblici quotidianamente, la stessa con cui io stesso viaggerò. Si tratta di una sorta di carta ricaricabile (il suo acquisto costa 80 DKK, circa 11 euro) che va “timbrata” in salita e in discesa dai mezzi e a cui viene automaticamente detratto il costo della corsa. Al di là della comodità di non dover acquistare sempre il biglietto, per farvi un esempio il prezzo di un biglietto per andare dal mio dormitorio al campus della DTU è 24 DKK, con questa carta 15 DKK. Se doveste venire in Danimarca chiedete pure, chè ormai io e Skot ne sappiamo più dei commessi alla biglietteria!
Spendo una parola per quello che pare essere il mezzo di trasporto principe della Danimarca, o perlomeno di questa zona: la bicicletta. Tutte le strade di Lyngby hanno ampie piste ciclabili su entrambi i sensi di marcia, e i danesi cacciano delle biciclettazze che manco al Tour de France! La mia povera bici padovana, con un solo pedale, qui si sentirebbe Cenerentola nella prima parte del film.
Quando ne possederò una qui, vi porterò anche l’esperienza di viaggiare in bicicletta a Copenaghen e dintorni, per ora vi saluto lanciando una sorta di rubrica che intendo portare avanti. S’intitola: La parola del giorno ed oggi si tratta di:

Lyngby – la pronuncia del nome della città ci sta facendo impazzire, provate ad ascoltarla su google traduttore (che restituisce purtroppo solo in parte la pronuncia che abbiamo sentito dagli autoctoni).

venerdì 7 agosto 2015

Piano terra

Care lettrici e lettori,

 con questo primo post vi voglio dare il benvenuto su questo blog: non so se ci siate capitati per caso, se perché mi conoscete e ve ne ho parlato, se perché vi ho supplicato di darci un'occhiata per non farmi sentire uno sfigato o se perchè ormai questa pagina è diventata la prima che ognuno in Italia visita dopo un fugace sguardo a Facebook o all'accoppiata Sportmediaset/Gazzetta, in qualsiasi caso: velkommen!
Ci tengo poi a chiarire di cosa parlerà questo blog. La mia idea è quella di raccontarvi l’esperienza che sto per vivere, ossia sei mesi a Copenaghen (Lyngby per la precisione), presso l’Università Tecnica della Danimarca, allo scopo di chiudere la pratica universitaria = scrivere la tesi. Aspettate ancora un momento a chiudere la scheda di Chrome, perché non vi parlerò di argomenti accademici, adesso come adesso peraltro vi saprei dire davvero poco, ma cercherò di narrarvi il narrabile a proposito di: cosa ho visto, come ho vissuto, come sono sopravvissuto senza pasta, ecc. Magari potrà essere utile a chi come me si appresta a partire per la Danimarca e vorrebbe arrivarci simil-preparato (oppure sarà servito solo a mamma e papà per tenersi aggiornati).
Possiamo cominciare.

In principio era... Laursen!

Non ho intenzione di proporre una nuova versione del Nuovo Testamento, tranquilli. Questo titolo sintetizza semplicisticamente, quella che è più o meno sempre stata per ma la Danimarca: lo so, è triste, ma a causa di un’infida malattia che affligge molti italiani (https://it.wikipedia.org/wiki/Calcio_(sport), se voleste informarvi), ho la brutta abitudine di ricondurre molte Nazioni ai calciatori che le rappresentano. Avrete capito che nel caso della Danimarca questo giocatore è Martin Laursen!
Per carità ce ne sono anche altri a cui sono affezionato (penso a Helveg o Jorgensen, ad esempio), ma Laursen ha un fascino particolare. L’ho “conosciuto” quando è venuto a giocare nell’Hellas Verona, squadra della mia città, della quale è diventato presto simbolo e pezzo pregiato tanto da essere poi acquistato dal Milan, mia squadra del cuore. Qui diciamo che ha sofferto il salto di livello, arrivando negli ultimi tempi a costituire serio pericolo per le coronarie dei tifosi più attempati, a cui si sconsigliava di venire allo stadio in caso di indisponibilità dei vari Maldini, Nesta, ecc. Sarebbe inutile puntualizzare che la sua carriera proseguirà (più che dignitosamente) altrove.
Nonostante questo però, noi tifosi milanisti lo ricorderemo sempre con un sorriso, mentre ce lo immaginiamo a vagare per il campo in cerca delle sue celeberrime lenti a contatto: gli juventini avevano Davids coi suoi occhialini, noi probabilmente a quei tempi avevamo concluso un contratto di sponsorizzazione con la Acuvue, la Dailies o che so io.

In conclusione, si diceva: in principio era Laursen, in questi sei mesi spero diventi molto di più! A presto!